Il treno che tratteggio’ una storia
Leonora Zefi • Ottobre 2017
Dedicato a tutti quelli che osarono cavalcare l’Adriatico per cercare la libertà. A tutti quelli che porsero la mano d’accoglienza , e fecero spazio in casa propria. A tutti voi che leggete e vi impegnate a costruire la società degli uomini di Pace.
Nel marzo del 1991 migliaia di albanesi fecero irruzione sulla scena italiana ed europea invadendo le coste pugliesi con un esodo di proporzioni bibliche.
Il governo italiano, preso alla sprovvista fu costretto a smistare i profughi nelle varie regioni, assegnando a ciascuna un contingente di immigrati. A 700 di loro toccò in sorte il Trentino Alto Adige: vennero ospitati in due caserme in disuso, una a Strigno in Valsugana e l’altra a Monguelfo in Val Pusteria. 26 anni dopo Leoora Zefi ha raccolto, perché non se ne perda la memoria, voci, ricordi e immagini dei protagonisti di allora, dalle avventure nella fuga da un’Albania ancora chiusa in se stessa fino all’arrivo e all’accoglienza in Italia.
Oggi la storia registra tanti nuovi cittadini italo-albanesi, il cui percorso di integrazione li ha portati ad inserirsi pienamente nel contesto sociale della regione. Completano le testimonianze due album fotografici, dedicati l’uno agli ospiti della caserma Degol di Strigno e l’altro a quelli alloggiati nella caserma Battisti di Monguelfo , che per alcuni mesi rappresentarono rifugio e “casa” per chi cercava l’occasione di costruire un futuro migliore per i figli.
Tratto dalla prefazione:
“In quel giorno, con le nuvole che andavano e venivano senza decidersi di lasciare lo spazio al sole, in quell’alba indecisa, ma in quel preciso giorno, il treno si fermò nella stazione. Ma quale stazione? Quella di Strigno, di Monguelfo/ Welsberg o di qualche altro posto in Alto Adige? Tutti i treni che trasportano persone portano anche le loro storie, ma quel treno che arrivò nella foschia della mattina di quel marzo 1991 portava una storia unica, quella dei profughi albanesi che scappavano dal loro Paese per la paura della dittatura, per la piaga della povertà e per la ricerca della libertà. Una storia che per ogni passeggero di quel treno speciale aveva qualcosa di personale, perché ognuno aveva vissuto il viaggio a modo suo. Quando ascoltai le loro testimonianze mi accorsi che le storie della storia erano particolari, con identità e personalità proprie. Anche quando mi sembravano uguali c’era qualcosa che le distingueva. La passione, l’emozione, il modo di raccontarle mi coinvolgeva tutte le volte che le ascoltavo. Non so quanti treni fossero, non so in quale stazione. Nemmeno so se avessero Rispettato l’orario ma, per certo, “quel treno”era un treno speciale. Lo so io, ma lo sanno meglio “loro”, quelli che, in quella grigia mattina, si trovarono alla stazione. Quelli che rimasero per sempre testimoni di una nuova storia territoriale. Una testimonianza collettiva d’accoglienza e d’ospitalità che, raccolta in qualche pagina scritta e in qualche immagine rubata, indosserà l’omaggio della memoria che si racconterà con orgoglio nelle generazioni..”